21 Gr di Turismo: Sara Merighi | Pet Friendly - Intervista
Ospitalità pet friendly, parliamone.
Ciao, eccoti su 21 Grammi di Turismo. Ti aspettavo. Questa settimana ho preparato un’intervista.
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L’industria turistica ha mille sfumature, per approfondirne una, ho parlato di ospitalità pet friendly con Sara Merighi, co-fondatrice e Ceo di Food for Dogs.
C’è il solito caldo umido a Milano, sono in via Lomellina, 400 metri di strada dove potresti vivere senza mai uscirne. Ci trovi ogni cosa, dal corniciaio all’agopuntore, fino alla rivendita di cucine.
E poi c’è un posto fuori dal tempo, la Cooperativa la liberazione. È qui che ho appuntamento per l’intervista.
Sono un po’ in anticipo. Aspetto. Al suo entrare, due simpatici bastardini la seguono in modo ordinato. Una scorta gentile. Durante l’intervista ho deciso che Ofelia sarebbe stata la mia preferita.
Iniziamo!
DEFINIRE COS’È PET FRIENDLY
(D.) Per avere un quadro, di che numeri parliamo?
Il 28% della popolazione italiana ha un cane, parliamo di 9 milioni di cani in casa. E il 96% li considera membri della famiglia; ce lo racconta il rapporto della Assalco Zoomark. Inoltre, nel 2022, secondo l’Enpa, il 78,5% dei proprietari ha portato il cane in vacanza.
(D.) Adesso che abbiamo circoscritto il campo, veniamo all’ospitalità pet, mi risulta non esista uno standard condiviso, me lo confermi?
Infatti.
(D.) Quali dovrebbero esserne i pilastri?
La prima cosa, è trovare una definizione che dirima la situazione tra la struttura ricettiva che accetta cani, o animali, e la struttura pet friendly.
È importante perché, a oggi, chiunque permetta l’ingresso degli animali si autodefinisce pet friendly. Ma non è così.
(D.) A parer tuo, cosa dovrebbe voler dire?
Avere un’organizzazione interna e proporre un certo numero di servizi reali: camera attrezzata, dog sitter e, soprattutto, accettare tutte le taglie. Ancora oggi, molti accettano solo cani di piccola e media taglia, laddove non si capisce bene cosa siano piccola e media taglia.
(D.) Torniamo di nuovo all’idea di definire uno standard.
Va bene; bisognerebbe dire: il cane può entrare, ma non c’è alcun tipo di servizio; oppure l’hotel è pet friendly, quindi troverai una certa accoglienza, partendo dal fatto che i cani possano andare in tutti gli spazi comuni. E da qui, si sale in termini di servizio.
(D.) Mi pare di capire che non sia comunicato sempre in modo chiaro.
Esatto, come dicevo, si autodefinisce pet friendly anche la struttura che si limita ad accettarli, invece dovrebbe esserci uno standard.
Un po’ come la colazione: se c’è scritto colazione all’italiana o continentale, sai esattamente cosa aspettarti.
(D.) Standard definito a livello istituzionale?
Potrebbe essere definito da Federalberghi o chi per lei; il punto sarebbe stabilire un crescendo di servizi. Quindi, ad esempio:
Accetto cani;
Pet friendly;
Super pet friendly, se ho servizi di un livello superiore.
(D.) A quanti clienti potrebbe bastare che l’hotel si limiti ad accettarli?
Sempre meno, ormai chi viaggia col cane si aspetta un minimo standard di servizio.
(D.) Vogliamo aggiungere un altro pilastro?
Accettare il cane al ristorante.
(D.) Non ci sono restrizioni per i ristoranti?
Qui apri un vaso di Pandora perché non c’è un regolamento unico. A Milano, ad esempio, se il ristorante non vuole far entrare i cani, deve dichiarare al Comune il perché. In tanti altri Comuni, è il contrario.
Davvero manca un regolamento nazionale; ad esempio nella grande distribuzione, Carrefour li fa entrare con appositi carrelli, Esselunga no. E questo nella stessa città.
CONVIVENZA TRA CLIENTI PET E NON
(D.) Come gestire la convivenza in albergo tra ospiti con e senza animali?
Possono esserci varie modalità. All’estero ho visto qualche hotel con reception separate!
(D.) Ma non proprio gestibile da tutti.
Esatto. Il modo più corretto, quello che mi sembra più di buon senso, è accettare un certo numero di cani.
Questo in base alla struttura. Anche perché, la scelta delle camere dovrebbe essere fatta in modo ragionato, ad esempio dare stanze più grandi.
Inoltre, dare camere in posti silenziosi: non vicino all’ascensore o all’ingresso. Per il periodo in cui sarà in stanza, vedrà quel luogo come il suo posto da difendere, quindi se sente dei rumori, abbaia.
Ecco, ogni hotel che voglia essere pet friendly, deve fare un’analisi ragionata dei propri spazi e capire quanto può reggere.
(D.) Complica non poco la gestione.
Si, ma non puoi farne a meno. Ormai gli animali ci sono, e sempre di più. Puoi non accettarli, certo, ma decidi coscientemente di eliminare una fetta di mercato.
LEISURE E BUSINESS
(D.) È legato soprattutto al turismo leisure o riguarda anche quello business?
Abbiamo anche clienti business. Ci sono liberi professionisti che hanno deciso di vivere la vita con un cane; viaggiarci era un po’ un tabù fino a qualche anno fa, ci si scusava, non erano sempre accettati. Adesso è molto più sdoganato.
Il punto è che andiamo verso una società con sempre più famiglie mononucleari, e spesso i single prendono il cane e lo portano con sé.
Quindi anche le strutture business hanno sempre più clienti con cane al seguito. Ad esempio, in questo caso, offrire un servizio dog sitter è ottimo per evitare che l’ospite lasci il cane in camera da solo.
COMUNICARLO
(D.) Esistono alberghi che pubblicano la loro politica pet friendly? Mi sembra una forma di attenzione anche verso i clienti senza cani.
Qualcuno lo fa, ma tanti no. Quando proponiamo alle strutture ricettive i nostri prodotti, spesso ci sentiamo dire che accettano i cani ma preferiscono non farlo sapere.
(D.) Addirittura?
E sì, c’è la cosiddetta doppia morale, non voglio che si sappia, altrimenti ne arrivano troppi.
(D.) E quindi?
E quindi sono per la trasparenza. Li accetto? Va bene, studio una modalità di accoglienza, metto in chiaro dove può entrare e dove no. Se non può entrare nel ristorante, mi organizzo affinché possano avere il pasto in camera sia il cane sia il proprietario.
(D.) Si sta affacciando anche il modello pet only, quindi solo clienti con cani. A tuo avviso, quale modello è preferibile?
Il pet only in alcune cose è un po’ estremo, anche se hai delle agevolazioni pazzesche e molti servizi. Il pet friendly implica una giusta convivenza, e io sono sempre per le cose più equilibrate.
NON SOLO CANI
(D.) Stiamo discutendo di pet, ma di fatto stiamo parlando di cani. E i gattini dove li mettiamo?
Ancora poca gente viaggia con il gatto perché è molto territoriale. È più indipendente e sta bene a casa sua, il cane ha bisogno del proprietario.
(D.) Quindi è un mercato più piccolo?
Sì, ma anche questo penso possa crescere. Dopotutto c’è chi viaggia anche con furetti e uccellini.
(D.) Quindi, al netto di furetti, uccellini e gatti il mercato turistico è al 99% canino?
Diciamo 95%.
FARE UPSELLING
(D.) Andando al pratico, l'hotel come può guadagnare soldi extra?
Innanzitutto il markup sulla stanza, fatto grazie al setup della camera. Poi ci sono mille possibilità di upselling: pappa, dog sitter, escursioni con il cane, massaggi.
Un esempio, Fonteverde Resort e Spa ha delle piscine termali solo per cani.
(D.) Dove c’è passione, e dietro un animale domestico c’è, si vende anche a cifre insensate.
Eh sì, puoi vendere di tutto. Alcuni hotel iniziano a organizzarsi anche con degli shop.
(D.) Food for Dogs vende cibo e prodotti per la loro cura: quanto sono regalati come una commodity e quanto usati per creare upselling?
Come commodity il materiale per il setup della camera.
(D.) Anche se per il setup, comunque, praticano un markup.
Esatto. Agli alberghi di un certo livello consigliamo sempre di fornire un kit cortesia: sacchettini, salviettine per pulire le zampe, un gioco. Sono utili e piacevoli da ricevere. Se vuoi spingere sulla qualità del servizio, un mimino di commodity è giusto farla trovare. Poi, il resto lo vendi.
(D.) Ultima domanda per salutarci: cosa ne dici degli alberghi no pet?
Certo che sì; l’importante è sempre saperlo!
È tutto, ci vediamo giovedì prossimo.
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