21 Gr di Turismo: Destinazioni, parliamone
La destinazione, le aziende e le persone che la popolano.
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Prologo al numero di oggi.
Ho letto delle notizie che, in modo diverso, parlano della convivenza tra popolazione residente e popolazione turistica.
Chi si occupa di turismo sente parlare di destinazioni quasi sempre con un racconto numerico: più presenze, più fatturato, più investimenti, più segmentazione dei target.
Tanti più che rendono il turismo una competizione, una performance.
Nulla di male, sia chiaro, ma se oggi la prima sfida del turismo fosse sociale? E se anche le aziende turistiche dovessero contribuire a migliorare la convivenza tra la popolazione residente e quella turistica?
Con queste due domande si apre il numero dedicato alle destinazioni.
Iniziamo!
DESTINAZIONI, PARLIAMONE
Ingresso a pagamento. Plaza de España è la piazza cittadina più sorprendente che abbia visto. È stata costruita per l’Expo del 1929 a Siviglia che, con 3 milioni di turisti, è la terza città più visitata della Spagna. Il suo sindaco vuole far pagare l’ingresso ai visitatori per finanziarne la conservazione, e per supportare la decisione ha mostrato un video con piastrelle mancanti e facciate danneggiate.
Far pagare l’ingresso ridurrà i flussi? Scommetto sul no. Sono combattuto rispetto alla tassa d’ingresso perché temo funzioni poco se l’obiettivo è regolare i flussi turistici, se invece parliamo di fare cassa (magari anche con fini giusti) è un altro discorso.
Questo in linea generale, poi ogni caso può avere diversi fattori e condizioni.
In Italia, a Sorrento. Un sito di notizie locali punta l’attenzione sul turismo e pur riconoscendone i risultati economici, come i 7 milioni di imposta di soggiorno nelle casse del comune, lo collega alla riduzione della popolazione residente.
Non a Venezia, ma quasi. A Mestre delle voci esprimono il timore che il turismo di Venezia la sovrasti. La trasformazione turistica della città fa discutere, ecco un esempio…
…C’è un distretto alberghiero. Affaccia su via Ca’ Marcello, vicino alla stazione di Mestre. Secondo alcuni era una zona degradata che, riqualificata, adesso è molto meglio; per altri rappresenta una perdita d’identità della città che guarda a Venezia (ossia al turismo) e non dialoga con Mestre (ossia con la cittadinanza).
Questo stralcio l’ho trovato significativo. Il turismo aiuta a riqualificare delle zone, strade che diventano più sicure e piacevoli; il rovescio della medaglia è se la distanza tra i quartieri turistici e le persone residenti diventa tale da creare distacco.
Su questo versante penso basterebbero alcune azioni mirate da parte delle aziende turistiche per cercare di coinvolgere la popolazione residente.
Il turismo nella città che muore. Sono 13 le persone residenti a Civita di Bagnoregio. E convivono con i turisti che, ogni giorno, attraversano il ponte per entrare in un posto che sembra sospeso tra le nuvole. Convivenza, perché sembra che gli abitanti accettino il compromesso che permette a questa località di continuare a essere abitabile.
La crescita turistica. Da 40mila nel 2010 a un milione di visitatori nel 2019. Un numero che ha portato a farsi domande sul ruolo del turismo. Bagnoregio, ad esempio, è stato tra i primi comuni in Italia a introdurre il pagamento all’ingresso, che oggi è di 5 euro.
Anche la logistica aiuta, è più facile applicare una tassa d’ingresso quando si tratta di una piccola località alla quale si accede da un ponte.
Qualche pensiero di chi ci vive. Pare che in linea di massima il turismo sia percepito come una risorsa dalle 13 persone che vivono qui. Ecco un paio di frasi di un suo abitante: «Il turismo serve, dà lavoro, però non è semplice trovare un equilibrio»; «più che un discorso di quantità, bisognerebbe ragionare sulla qualità e sull’educazione».
Trovo maturo il pensiero di puntare alla convivenza, non deve essere facile avere ogni giorno degli sconosciuti sotto casa tua e allo stesso tempo riconoscere che il posto in cui vivi può farlo anche grazie al turismo.
Un altro punto che mi ha colpito è ragionare sulla qualità. È una frase vera ma anche pericolosa, alla quale fare attenzione, perché troppo spesso turismo di qualità diventa un sinonimo di danaroso.
Forse la morale, se ne vogliamo trovare una, è nelle parole del sindaco di Bagnoregio che ha parlato del milione di visitatori raggiunto nel 2019 come di un eccesso, dicendo: «Dobbiamo sempre ricordare che questo luogo deve la sua bellezza alla sua fragilità».
Il turismo dell’ultimo minuto. Se stai pensando al last minute, non è così. Il New York Times ha messo a fuoco una nicchia turistica, che potremmo chiamare del prima che scompaia, per cui, ad esempio, vai a sciare sul Mar de Glace, il più grande ghiacciaio delle Alpi francesi, perché sai che si scioglierà.
Già ai tempi della Berlino divisa ci sarà stato chi, sentendo il vento del cambiamento, ha visitato la parte Est prima che il muro cadesse, ma la nostra epoca ha la singolare abilità di industrializzare ogni tendenza.
Visitare un posto solo per poter dire di essere una delle ultime persone ad averlo fatto (e magari, così, accelerare la fine di quel posto) lo trovo bizzarro, oltre che un’anti-gestione di una destinazione.
A presto.
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Diciamo che un biglietto d'ingresso mette le persone in fila senza la via libera di prima, ma di sicuro la via da percorrere è gestionale, e quella dei numeri prima di tutto mi pare una politica incompleta, come se il turismo fosse solo vendere souvenir 🤨