21 Gr di Turismo: Cinzia Montelli | La Bagnaia Golf Resort - Intervista
La Bagnaia Golf Resort
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Ho parlato con Cinzia Montelli, general manager de La Bagnaia Golf Resort.
IL BORGO
(D.) Lusso e sport, natura e leisure, resort e albergo diffuso. È così che immagino il La Bagnaia Golf Resort: un contenitore che racchiude tutte queste anime.
Ne hai dato una giusta idea, La Bagnaia Golf Resort è un resort, ma anche la reinterpretazione di un albergo diffuso. Vengono a soggiornare amanti della cosiddetta slow life, così come ospiti dinamici, attratti dal golf club o dai nostri percorsi trekking con guida.
(D.) E c’è chi arriva anche per momenti sportivi collegati al territorio?
Certo, ad esempio, per la corsa Le Strade Bianche: una gara ciclistica nella provincia di Siena, chiamata così perché attraversa alcune strade sterrate bianche, tipiche della campagna senese.
(D.) Tutto questo mantenendo sempre un’anima improntata al lusso?
Assolutamente sì, ti basti pensare che all’interno della nostra tenuta ci sono tre punti di atterraggio per elicotteri. Lusso per noi vuol dire regalare agli ospiti spazio e tempo.
(D.) Cosa intendi?
Possiamo avere il borgo al completo, ma sembra non ci sia nessuno.
(D.) Degli spazi enormi, dimmi qualcosa della struttura per favore.
È un borgo medievale che negli anni ‘70 fu comprato dall’imprenditore Attilio Monti, restaurato, poi con il tempo la figlia Maria Luisa ebbe l’intuizione di farne un luogo dove ospitare persone; slegato da un’idea di business.
(D.) Vi siete sganciati da un marchio internazionale: una scelta spiazzante. Puoi dirmi qualcosa?
Come ti raccontavo, il borgo nasce in gestione diretta, con l’idea nobile di un luogo dove ospitare persone. Le cose con il tempo si sono evolute e negli ultimi anni della sua vita, Maria Luisa Monti, decise di affiliarsi a un brand internazionale, ma dopo qualche tempo è nato il desiderio di tornare a gestirlo direttamente.
GLI SPAZI
(D.) Torniamo a parlare degli spazi, ma da un altro punto di vista: quali sono le difficoltà di un resort con spazi così ampi? Quando ho visitato altri alberghi leisure strutturati su più corpi, ho notato spesso delle complessità.
Qui il primo ostacolo è mentale, guardi questi spazi e pensi: mamma mia.
(D.) Ma per questo bastano un paio di buone scarpette da ginnastica...
Eh già. In realtà qui non ci sono particolari problemi, perché chi ha studiato l’albergo l’ha fatto molto bene.
Ogni edificio ha un office con la biancheria, e l’office di ogni stabile è perfettamente proporzionato al numero di camere.
Per la parte F&B ci sono 5 outlet: il ristorante principale, La Voliera e il suo bar, sono nell’edificio al centro del borgo; AlFresco Bar & Grill è nell’area della piscina panoramica; il ristorante Il Rosmarino e il suo bar, sono interni alla Club House del Royal Golf La Bagnaia; poi c’è il grande centro congressi e la nostra esclusiva sala banchetti.
Ognuno ha la sua cucina, uno spazio magazzino e di back office.
(D.) Quindi un’ingegnerizzazione efficace della struttura che permette di lavorare meglio.
Esatto.
(D.) Però una certa complessità strutturale è innegabile.
Assolutamente sì, pensa che tra noi che ci lavoriamo, diciamo: Bagnaia alta e Bagnaia bassa.
Questa complessità, però, non comporta un appesantimento della gestione. Occorre avere ampia visione manageriale, così come solide competenze manutentive per poter controllare che tutto funzioni a dovere.
Dai, permettimi una battuta: c’è la nostra chiesa consacrata che ci protegge!
(D.) Un po’ di protezione dall’alto fa sempre comodo…
Di certo male non fa!
(D.) E come impattano gli spazi nella gestione degli ospiti?
Da noi può capitare che l’ospite viva a 500 metri dall’area reception, quindi può accadere che non esprima le sue necessità al concierge, così si rischia di perdere contatto con il cliente.
Per questo abbiamo scelto un digital concierge di livello come Scrollidea, per agevolare il lavoro e rendere più fluido il rapporto con gli ospiti.
Sarà uno strumento fondamentale.
IL GOLF
(D.) La vostra natura golfistica la descrivete già nel nome.
Orgogliosamente, aggiungerei; nasce tutto da una passione di famiglia. Il campo è stato disegnato da un importante architetto come Robert Trent Jones Jr, poi questi posti si prestano magnificamente per i profili collinari, che contribuiscono a renderlo un percorso sfidante.
(D.) Il golf club è affidato a un gestione esterna?
Anche in questo caso, è orgogliosamente gestito internamente; ma allo stesso modo siamo fieri di vantare un’affiliazione al circuito Img prestige.
(D.) Un bell’impegno in termini di costi di gestione.
Be’ sì, però ci sono degli accorgimenti che aiutano il contenimento dei costi e migliorano la sostenibilità: il campo è fatto con erba bermuda, una speciale varietà che per crescere richiede fino al 65% di acqua in meno.
(D.) E qual è il legame tra golf club e resort in termini di business? Il campo è un volano per l’hotel o ha vita propria?
Ti direi entrambe le cose. La club house ha una vita indipendente, qui l’unico mese in cui non si gioca è gennaio. Molte ville in questa fetta d’Italia sono vendute a persone del nord Europa e degli Usa, quindi abbiamo molti soci che vivono in Toscana per diversi mesi all’anno.
(D.) E per la parte ricettiva?
Ovviamente ci avvaliamo di agenzie specializzate, in questo caso gli ospiti arrivano in funzione del golf. Lo stesso quando ospitiamo delle gare importanti come la Pro-Am, ma anche la Ryder cup che si tiene a Roma ci porta del traffico.
QUALCOSA DI PERSONALE
(D.) Da quanto sei al timone di questa struttura?
Sono qui dallo scorso anno.
(D.) Arrivi da un corposo percorso di direzione, con diversi anni in catena, che ti ha portata dagli Usa alla Calabria.
Sai, dopo tanti anni si ha voglia di esplorare nuove realtà e prodotti, se vogliamo vedere una struttura ricettiva in questo modo. La passione per l’hospitality è sempre viva e forte.
(D.) Quello alberghiero è un settore dove lavorano tante donne, ma le direzioni sono ancora molto al maschile. Tu hai anticipato i tempi, diventando direttrice a 27 anni. Pensi che ci stiamo evolvendo?
Non molto, c’è un grosso ostacolo culturale per come la vedo. Ti faccio un esempio: la famiglia di un direttore donna fa più fatica di quella un direttore uomo. Nella gestione del ménage familiare, è visto come giusto che si sposti un uomo, ma è ancora strano se si sposta una donna. E un direttore, spesso, si sposta molto.
(D.) Posso dire che è un gap mentale spesso trasversale tra uomini e donne? Ad esempio, mi è capitato di ascoltare Gm donna non volere una donna in certi ruoli, visti canonicamente più adatti a un uomo.
Infatti. È un gap mentale che porta alla non crescita. Quando lavoravo a Milano, facevo i turni di notte e per me era normale. Dobbiamo pensare alla persona giusta nel posto giusto, a prescindere da gender o altri aspetti, ma farlo con naturalezza, non per imposizione.
(D.) E a proposito di persone: hai una grande squadra al femminile.
Una grande squadra di professioniste che non demordono mai. Dalla deputy general manager Susanna Marci, con una solida carriera di catena; alla giovane marketing manager Ilaria Pera, cresciuta professionalmente a Milano; così come la reservation manager e revenue specialist Elisa Vannoni, la responsabile amministrativa Vanessa Mariotti e Maria Pace Trapassi che cura l’economato.
(D.) Ma dimmi, dopo tanti anni di direzione non sei un po’ stufa?
In genere provo più gioia nel fare percorsi che sembrano impervi come l’Himalaya, ma poi, lavorando, diventano pianura. Col tempo le cose evolvono e oggi cerco di trasmettere quello che ho potuto apprendere, spostandomi così tanto. E mi sforzo di capire se ho dato il giusto riconoscimento alle persone che lavorano con me.
Non mi voglio lasciar sfuggire questo momento, perché rappresenta una trasformazione profonda, un’evoluzione anche personale.
È come aver vissuto due vite professionali in due epoche differenti: intense e impagabili!
(D.) Questo mi porta a una domanda finale: come pensi cambierà il ruolo del Gm d’hotel?
Fino alla mia generazione c’era percorso classico, era quasi un passaggio naturale dopo la gavetta. Oggi il ruolo è già diverso rispetto a qualche generazione fa.
Ti racconto un aneddoto.
Alcuni anni fa ero in visita nell’hotel di un collega, a un certo punto vidi una carta e mi chinai a raccoglierla; sentii dirmi: «ma stai scherzando? Bisogno chiamare il facchino».
Ecco, in questo direi che la nostra professione sta cambiando: oggi lavori con la squadra, fai coaching.
A me viene naturale, chissà, forse perché sono una ex cestista. È un aspetto nel quale credo e sul quale lavoro molto anche all’interno della Ehma, la European Hotel Managers Association.
È tutto, ci vediamo la prossima settimana.
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